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Malattia di Wilson

Che cos’è la malattia di Wilson?

La malattia di Wilson è una rara malattia genetica ereditaria. Si trasmette con modalità autosomica recessiva, vale a dire che il gene responsabile della malattia è recessivo.

Affinché la malattia si manifesti, un bambino deve aver ereditato due geni difettosi (recessivi), uno da ciascun genitore. Se i genitori non sono malati, si dicono “portatori” di questo gene recessivo.

Quali sono i sintomi?

Compaiono nei bambini dai 3 anni in su e più di frequente durante l’adolescenza (10-20 anni). Ci vogliono infatti diversi anni prima che l’accumulo di rame diventi tossico per l’organismo.

Il danno epatico può manifestarsi con la comparsa di ittero (itterizia), con l’aumento del volume del fegato (epatomegalia) e, nei casi più avanzati, con l’accumulo di liquidi nell’addome, chiamato “ascite”.

Il danno cerebrale si manifesta più tardi, a partire dall’adolescenza.

I sintomi variano a seconda dell’area danneggiata: difficoltà di apprendimento, tremolio, disturbi della deglutizione, difficoltà nella scrittura o disturbi del linguaggio.

Alcuni pazienti possono presentare anche disturbi psichiatrici.

Come si esegue la diagnosi?

È difficile da diagnosticare e richiede una serie di test complementari: esami del sangue e delle urine e spesso una biopsia epatica.
Per confermare la diagnosi viene eseguita una ricerca delle mutazioni genetiche nei bambini e nei rispettivi familiari per identificare i portatori della malattia.

Quali sono i trattamenti?

Esiste un farmaco che deve essere assunto per tutta la vita. Mira a diminuire il livello di rame nell’organismo.

Qual è la prognosi?

Dipende dalla precocità della diagnosi e dalla tempestività con cui si inizia il trattamento.
Se la malattia di Wilson viene diagnosticata in ritardo (ad esempio durante l’adolescenza), la gravità del danno epatico richiede spesso il ricorso a un trapianto di fegato.

Se la malattia viene diagnosticata in età adulta, le conseguenze neurologiche sono spesso irreversibili.